Mag 12, 2025 | Events
Nell’ambito dell’iniziativa “Fake news e odio in rete” organizzata dalla Alleanza Transizioni Giuste, fondata da Comune di Bologna, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Arci con il supporto di Fondazione IU Rusconi Ghigi, abbiamo discusso un contributo a partire dalla nostra ricerca.

“Fringe democracy e media ibridi: capire la disinformazione nelle nuove ecologie digitali”
Giovanni Boccia Artieri
12 maggio 2025 – Palazzo d’Accursio, Bologna
Parto da una considerazione semplice: la disinformazione oggi non è un incidente, ma è parte di una ecologia comunicativa che la rende sistemica. È l’effetto di un ambiente in cui contenuti falsi o distorti, discorsi d’odio e logiche polarizzanti trovano le condizioni ideali per emergere e circolare. Ed è in questa ecologia che dobbiamo ripensare le categorie classiche con cui abbiamo descritto l’informazione, la fiducia e l’opinione pubblica.
Negli ultimi anni, con il progetto CORIT abbiamo studiato in profondità la relazione tra piattaforme “fringe” – come Telegram, 4chan, alcune aree di TikTok o canali YouTube poco regolati – e i media mainstream. L’idea di fondo è che il rapporto tra questi due mondi non sia di opposizione netta, ma di osmosi, di ibridazione.
Non viviamo più in un sistema in cui le piattaforme marginali sono chiuse e autoreferenziali. Al contrario, esse sono laboratori di contenuti, frame e linguaggi che poi spesso emergono nel discorso pubblico più ampio.
Pensiamo alla pandemia: molti dei frame cospirazionisti o anti-istituzionali che hanno avuto eco nei talk show e sui giornali avevano origine in canali Telegram, in gruppi Facebook radicalizzati, in meme virali nati su ambienti “borderline”. E ancora: in USA tutta la retorica MAGA trova il suo sviluppo su Parler, Reddit per poi farsi discorso pubblico e viceversa.
Questo passaggio – da fringe a mainstream – avviene attraverso forme di intossicazione della sfera pubblica. Contenuti distorti o falsi si agganciano a elementi veri, si presentano come “contro-narrazioni” e si diffondono grazie a due fattori principali:
- l’architettura delle piattaforme, che privilegia ciò che genera engagement, a prescindere dalla veridicità (e oggi, dopo le scelte ad es. di Meta, sappiamo che il fact checking è un valore secondario rispetto alle community notes);
- la crisi di fiducia nei confronti delle istituzioni e dei media tradizionali, che rende attraente qualsiasi messaggio che sembri “indipendente” o “non allineato”.
E qui arriviamo a una questione centrale: le responsabilità del mainstream. I media generalisti non sono solo vittime della disinformazione. Spesso ne sono anche veicoli involontari o amplificatori consapevoli. Inseguendo visibilità, share, click, molti programmi e testate danno spazio a contenuti sensazionalistici o controversi senza adeguata verifica, o ospitano figure borderline per “aumentare il dibattito”, contribuendo in realtà a normalizzare visioni radicali e infondate.
Nel nostro lavoro, abbiamo osservato casi in cui frame cospirazionisti – nati su canali Telegram, per esempio – diventano titoli, sottopancia o discussioni nei talk show, senza mai passare attraverso un filtro di responsabilità editoriale. In questo modo, il mainstream alimenta quella che potremmo chiamare una disinformazione legittimata, dove contenuti nati anche nei margini ottengono visibilità e credibilità proprio perché circolano nei canali ufficiali.
Cosa dire poi quando, come in Italia, politici e ministri della Repubblica alimentano le loro narrazione frequentando quelle di gruppi antiscientisti, no-vax, complottisti, ecc. (Lollobriggida sulla teoria del complotto “sostituzione etnica”).
Il punto, allora, è che la disinformazione è funzionale al sistema attuale, sia per le piattaforme, che guadagnano dal traffico, sia per alcuni media, che inseguono l’audience, sia per la politica che la utilizza per le proprie narrazioni.
Ma a pagarne il prezzo è la qualità del dibattito pubblico, la tenuta della fiducia democratica, e – in ultima istanza – la possibilità stessa di decidere insieme come vivere.
In questo scenario, la disinformazione è una forma di agency culturale. Non è solo un errore, è una strategia. È una forma di produzione identitaria e politica. Spesso chi la diffonde non si percepisce come disinformatore, ma come “portatore di verità” in un sistema corrotto.
E qui si inserisce un altro elemento: l’odio come collante. Nei nostri studi, abbiamo rilevato come la disinformazione si accompagni spesso a un linguaggio aggressivo, violento, polarizzato. L’inciviltà digitale non è solo sfogo emotivo, ma è una pratica di appartenenza: serve a marcare il “noi” contro “loro”. E la rete lo rende possibile, lo amplifica, lo normalizza.
Cosa possiamo fare?
Credo servano tre direzioni:
- capire l’ecologia ibrida della disinformazione, senza limitarci alla verifica del singolo contenuto, ma analizzando i circuiti di produzione e circolazione, le affordance delle piattaforme e le pratiche degli utenti;
- rafforzare l’alfabetizzazione critica, ma non come semplice “educazione ai media” tradizionale. Serve una pedagogia digitale che metta al centro le emozioni, la partecipazione, l’identità. Perché le persone non condividono solo informazioni: condividono chi sono;
- costruire alleanze tra istituzioni, media, attivismo e ricerca. Nessuno può combattere la disinformazione da solo. E spesso, chi è oggetto di campagne d’odio o di discredito (penso agli amministratori locali, ai giornalisti, ai comunicatori pubblici) ha bisogno di strumenti, ma anche di reti di supporto.
Concludo con un’immagine. Il nostro spazio pubblico è diventato un campo di battaglia informativa in cui verità, fiducia e partecipazione sono in gioco. Ma non è un campo neutro: è modellato da algoritmi, da modelli economici, da culture digitali.
Se vogliamo immaginare transizioni giuste – ecologiche, sociali, democratiche – dobbiamo prima di tutto occuparci di come circolano le idee, le emozioni, le narrazioni.
E capire che il contrasto alla disinformazione non è un lavoro di “correzione”, ma di cura democratica.
Apr 23, 2025 | Events

All’interno del convegno annuale della Società Italiana di Scienza Politica trovate una panel Corit su Fringe Democracy e disruptive polarization.
Panel 4.5 Fringe Democracy e disruptive polarization: comunicazione politica ai margini della democrazia liberale
Chairs: Sara Bentivegna, Giovanni Boccia Artieri, Rossella Rega
La comunicazione politica contemporanea è attraversata da trasformazioni che mettono in discussione le forme e i valori della democrazia liberale. Tra queste, la diffusione di narrazioni antagoniste, la crescente disintermediazione, l’emergere di pratiche partecipative non convenzionali e la radicalizzazione del discorso pubblico (Bentivegna & Boccia Artieri 2021). È in questo scenario che prende forma il concetto di fringe democracy, che definisce configurazioni politiche e comunicative caratterizzate dall’interazione tra piattaforme online alternative, attori marginali – intesi come gruppi, pratiche e ideologie – e narrazioni eterodosse, ossia contenuti, immaginari e rappresentazioni che mettono in discussione le modalità tradizionali di partecipazione democratica (Boccia Artieri et al., 2025).
La fringe democracy non si limita a un ampliamento della partecipazione ai margini già esistenti, ma costituisce una vera e propria riconfigurazione dello spazio politico. In questo nuovo assetto, gli attori marginali non sono semplici partecipanti periferici, bensì protagonisti attivi che riscrivono le regole del discorso politico, ridefinendo le grammatiche e i parametri della comunicazione istituzionale. Questi attori, portatori di narrazioni alternative e di pratiche discorsive innovative, operano in un contesto di forte tensione e conflitto con il centro istituzionale, mettendo in discussione le logiche consolidate del potere e della rappresentanza (Fischer & Jarren, 2024).
Inoltre, la polarizzazione in questo scenario non si esprime unicamente nel rafforzamento di posizioni ideologiche opposte, ma assume una dimensione disruptive, capace di scuotere e, in alcuni casi, di destabilizzare le basi stesse del confronto democratico. Tale polarizzazione disruptive rompe i confini del discorso convenzionale, favorendo una frammentazione del dialogo pubblico che compromette la capacità delle istituzioni di mediare tra forze politiche contrastanti e di garantire un processo decisionale condiviso e inclusivo (Esau et al., 2024).
La piattaformizzazione della politica (van Dijck & Poell, 2015) e l’ibridazione mediale (Chadwick, 2013) hanno aperto nuove possibilità per l’emersione di attori e contenuti fringe, senza dover dipendere esclusivamente dai canali mediali mainstream o dalle piattaforme online mainstream. Questo processo ha facilitato la creazione di spazi comunicativi in cui le narrazioni alternative possono emergere e prosperare, bypassando le strutture gerarchiche e centralizzate della comunicazione istituzionale. Le piattaforme digitali consentono a voci marginali di avere una presenza pubblica significativa, mettendo in discussione i tradizionali canali di diffusione dell’informazione e disegnando spazi (anche simbolici) alternativi.
Le affordance offerte da queste piattaforme alternative – ovvero le possibilità d’azione e le dinamiche tecnologiche intrinseche (Gillespie, 2018) – unitamente alle policy adottate, giocano un ruolo fondamentale nella ridefinizione dei confini dell’inclusione e dell’esclusione nello spazio pubblico. In particolare, piattaforme con governance alternative e meno regolate, come Telegram, Gab, Odysee o Rumble, permettono a comunità e attori che si collocano ai margini dell’ordine mediale consolidato di creare e diffondere contenuti in maniera autonoma. Questi ambienti digitali, caratterizzati da minori controlli e da una maggiore libertà espressiva, danno origine a nuove ecologie della partecipazione, in cui le regole di accesso e visibilità sono costantemente negoziate e ridefinite. In questo scenario, l’interazione tra media tradizionali e piattaforme digitali alternative contribuisce a un panorama comunicativo più frammentato ma anche potenzialmente più ricco e variegato.
Questo panel propone una riflessione collettiva sulle forme e gli effetti della fringe democracy nel sistema mediale contemporaneo, con particolare attenzione alle pratiche comunicative che contribuiscono alla normalizzazione della radicalità e all’erosione dei confini tra margine e mainstream. Il panel si colloca all’interno del progetto PRIN 2022 CORIT – Countering Online Radicalization and Incivility in Italy: from Fringe to Mainstream, che indaga le dinamiche di radicalizzazione, polarizzazione affettiva e inciviltà nella sfera pubblica digitale italiana, analizzando la circolazione discorsiva e la visibilità pubblica di attori e contenuti marginali.
Invitiamo quindi paper teorici, empirici o comparativi che affrontino uno o più dei seguenti temi:
• Le strategie discorsive e simboliche di attori auto-marginalizzati (attivisti, influencer, media alternativi, partiti anti-establishment);
• Le modalità di ibridazione tra media alternativi e mainstream nei processi di amplificazione dei margini;
• Le forme di inciviltà, disinformazione e contro-narrazione nella comunicazione politica fringe;
• L’uso strumentale della retorica democratica da parte di attori illiberali;
• Le tensioni tra inclusione e legittimazione democratica in presenza di contenuti polarizzanti;
• Studi di caso su campagne, community, movimenti o media che incarnano forme di fringe democracy;
• Le affordance tecnologiche e la governance delle piattaforme fringe e semi-fringe (es. Telegram, Gab, Rumble);
• Approcci metodologici innovativi per l’analisi della fringe democracy: etnografie digitali, digital methods, analisi del discorso, network/platform analysis.
Saranno particolarmente valorizzati i contributi che propongano riflessioni critiche, analisi interdisciplinari e casi studio internazionali, con attenzione alle implicazioni normative e politiche per la qualità della democrazia e per le politiche di regolazione delle piattaforme.
Riferimenti:
Bentivegna, S., Boccia Artieri, G. (2021), Voci della democrazia. Il futuro del dibattito pubblico. Bologna: il Mulino.
Bentivegna, S., Rega, R. (2024). (Un)civil democracy: Political incivility as a communication strategy. Berlin: Springer Nature.
Boccia Artieri G., Bruns A., Dehghan E., Iannelli L. (2025), Fringe Democracy and the Platformization of the Public Sphere, «ComPol», 1, 3-20.
Bruns A. (2021), Are Filter Bubbles Real?, Cambridge: Polity Press.
Chadwick A. (2013), The Hybrid Media System: Politics and Power, Oxford: Oxford University Press.
Esau K., Hunger S., Richter D. et al. (2024), Disruptive Polarization: How Illiberal Narratives Take Root, Berlin: Democracy Reporting International.
Fischer, R. and Jarren, O. (2024). The platformization of the public sphere and its challenge to democracy. «Philosophy & Social Criticism», 50 (1), 200-215.
Gillespie T. (2018), Custodians of the Internet: Platforms, content moderation, and the hidden decisions that shape social media. New Haven: Yale University Press.
Van Dijck, J., & Poell, T. (2015). Social media and the transformation of public space. «Social Media+ Society», 1(2).
Ott 30, 2024 | Events
We participate at AoIR2024 «Industry» 30 October – 2 November 2024 • University of Sheffield (TUoS) and Sheffield Hallam University (SHU), Sheffield, UK with the paper: Monetizing fringe beliefs: italian telegram spaces as earning engines
MONETIZING FRINGE BELIEFS: ITALIAN TELEGRAM SPACES AS EARNING ENGINES
Introduction
The current digital landscape is characterized by a constellation of public, semi-public and private spaces (Boccia Artieri et al. 2021) connected by mutual migration dynamics. What is still unclear and under-researched, is the relationship between what may be defined as “fringe platforms” and the more mainstream web spaces as well as legacy media. The paper presented is a step of a broader research project (CORIT), funded by the Next Generation EU Program, concerning the development of narratives that are capable of “intoxicating” the Italian hybrid media system. While the goal of CORIT project is to understand Italian contemporary public spheres, analyzing the relation between fringe and mainstream media environments, this paper focuses on one aspect in particular: the monetization dynamics occurring in such fringe spaces.
Telegram as a fringe platform
According to de Winkel (2023), fringe platforms are described as alternative platform services created with the intention to critique the ideological foundations and practices of mainstream platform services. Furthermore, the author suggests fringe platforms should not be exclusively linked to extreme politics but encompass various technologies reflecting diverse ideologies. Fringe platforms, with a smaller user base, foster tighter ideological bonds, potentially exposing users to toxicity (Schulze et al. 2022) and spreading problematic content to mainstream media.
In this sense, Telegram is perceived as a fringe space due to its flexibility in distributing problematic content through semi-public channels, closed groups, and chats. To some extent, the platform appears to function as a conduit for disseminating information across various networks and platforms, thus amplifying the reach of its content. Indeed Telegram has positioned itself as optimal environment for individuals seeking privacy and security, characteristics that render it conducive to the exploration of information and contexts where conspiracy narratives grow (Schulze et al., 2022; Herasimenka et al., 2022). In particular, research conducted on Telegram has shown that within such spaces, alt-right conspiracist groups coordinate (Walther and McCoy 2021), and in general, disinformation spreads (Herasimenka et al. 2022). Although research on disinformation covers diverse topics such as media manipulation (Marwick and Lewis, 2017; van Dijck et al. 2023), an emerging area of study focuses on the digital platforms that enable the dissemination and monetization of disinformation.
Demonetization and affective support
Various forms of monetization, i.e. alternative monetization (Hua et al., 2022), introduce an additional financial incentive for content creation and have the potential to impact the growth of a channel. Considering how the value of online content is determined by its level of engagement due to its potential for monetization, platforms establish regulations that dictate the acceptability of content, which content can be taken down, and when content creators may be deplatformed (Rogers, 2020). While platforms set forth their own standards, certain viewers gravitate towards fringe channels, providing content creators with alternative norms for assessing and monetizing content in manners that deviate from the platform’s directives (Marwick et al. 2022). The act of demonetization strengthens the populist notion of anti-elitism, portraying the powerful as greedy and the commoners as financially deprived (Castanho Silva et al. 2017). Thus, mainstream platforms are seen as gatekeepers of financial gains while demonetized creators become those who are forced to free labor for their communities. This, then, resonates with what Eslen-Ziya (2019), defines as hybrid emotional echo-chambers as in such spaces this frustration due to inequality and lack of means is deeply intertwined with the collective identity of the group. Moreover, believing in misinformation activates emotional rather than cognitive dynamics (Sanchez & Dunning, 2021): in such spaces proximal viewpoints are presented with a positive emotional load, reinforcing negative feelings and hostility toward those referred to as out-groups. Therefore, the fusion of emotions with ideologies intensifies the dissemination of such content, but it also may play a key role in the financial support dynamics for producers, as it happens within politically mobilized extremist groups (Wade et al. 2023).
Research questions and methodology
Building on these premises, our study addresses a main research question and two sub-research questions:
R.Q.: Do fringe online communities, that define themselves in an anti-mainstream perspective, seek to differentiate themselves from the mainstream also through their monetization methods?
R.Q. 1: What monetization methods are present in these fringe communities?
R.Q. 2: Do these monetization methods become topics of discussion within the groups?
To approach these questions, we started from lists of Telegram channels/groups compiled by debunkers (Fletcher et al. 2018). From this initial list, we built a network of the main Italian Telegram channels and groups that disseminate problematic content through a snowballing method (Peeters & Willaert, 2022). Then, using a combination of ethnographic observation and scraping tools such as 4Cat and the Telethon Python library (Urman & Katz, 2020) we collected and analyzed 1) posts with news and corresponding comments, 2) any mention of monetization or funding, 3) any reference to content from the same group/channel on other platforms and media (i.e. YouTube videos, radio interviews etc.). The use of ethnographic observation played a crucial role in identifying the keywords for searching the content. It also helped to highlight the emic categories used by the group to legitimize various forms of monetization.
Preliminary results and expected outcomes
Although the ethnography and data collection on the selected groups and channels will continue until June 2024, we can already draw a number of substantive considerations. Firstly, it emerges how an understanding of terms such as “fringe” and “deplatforming” is necessary. While the existing literature has partly touched on the ambiguity of these concepts, there is a need to clarify the degree to which the referred groups are actually “peripheral” or “unseen”. The research has identified various interrelation dynamics between the analyzed spaces and the “mainstream” public sphere. These are some of the ways in which such interrelations happen:
- Technically: despite being more limited than other platforms, these spaces are affected by inbound and outbound cross-platform circulation of content.
- Economically: Various monetization methods we found seem to align with the platformization of mainstream cultural production (Poell et al., 2021) and present elements of aspirational labor practices (Duffy, 2016).
- By sourcing: these communities consistently import and comment sources from mainstream media, supporting the hypothesis that they form emotional rather informational echo-chambers (Eslen-Ziya et al., 2019) from framing these sources as “outgroup identifiers” (Törnberg & Törnberg, 2024), often using informational strategies such as sharing screenshots instead of the source links (Zurovac, 2023).
- Through cultural lexicon: lexicons and representations developed in these groups find resonance in highly visible media content as well as more visible public figures on television (journalists, “alternative” intellectuals, local and national politicians).
- Through visibility exchange: less conspicuous, fringe spaces cultivate subcultural fame, spawning “anti-mainstream” political experts and alternative lifestyles’ proponents. Contrary to what the terms “fringe” and “deplatforming” might suggest, some personalities accumulate a visibility capital that extends beyond Telegram.
Monetization strategies observed so far do not seem to mark a specific difference with the monetisation modalities prevalent within mainstream platforms and creators. Four main strategies emerged: 1) self-financing, group or individual asking for a voluntary donation to “keep the service alive”, 2) digital patronage, “premium” services such as special contents and consultancy, 3) the sale of products and merchandising, 4) “shady deals”, when the request for money is linked to the offer of investments whose returns are not transparent or guaranteed.
References
Boccia Artieri, G., Brilli, S., & Zurovac, E. (2021). Below the radar: Private groups, locked platforms, and ephemeral content—Introduction to the special issue. Social Media+ Society, 7(1).
Castanho Silva, B., Vegetti, F., & Littvay, L. (2017). The elite is up to something: Exploring the relation between populism and belief in conspiracy theories. Swiss Political Science Review, 23, 423–443.
Duffy, B. E. (2016). The romance of work: Gender and aspirational labour in the digital culture industries. International journal of cultural studies, 19(4), 441-457.
Eslen-Ziya, H., McGarry, A., Jenzen, O., Erhart, I., & Korkut, U. (2019). From anger to solidarity: The emotional echo-chamber of Gezi park protests. Emotion, Space and Society, 33, 100632.
Fletcher, R., Cornia, A., Graves, L., & Nielsen, R. K. (2018). Measuring the reach of” fake news” and online disinformation in Europe. Australasian Policing, 10(2).
Herasimenka, A. (2022). Movement leadership and messaging platforms in preemptive repressive settings: Telegram and the Navalny Movement in Russia. Social Media+ Society, 8(3).
Hua, Y., Horta Ribeiro, M., Ristenpart, T., West, R., & Naaman, M. (2022). Characterizing alternative monetization strategies on YouTube. Proceedings of the ACM on Human-Computer Interaction, 6(CSCW2), 1-30.
Marwick, A., Clancy, B., & Furl, K. (2022). Far-Right online radicalization: A review of the literature. The Bulletin of Technology & Public Life.
Peeters, S., & Willaert, T. (2022). Telegram and digital methods: Mapping networked conspiracy theories through platform affordances. M/C Journal, 25(1).
Poell, T., Nieborg, D. B., & Duffy, B. E. (2021). Platforms and cultural production. John Wiley & Sons.
Rogers, R. (2020). Deplatforming: Following extreme Internet celebrities to Telegram and alternative social media. European Journal of Communication, 35(3), 213-229.
Sanchez, C., & Dunning, D. (2021a). Cognitive and emotional correlates of belief in political misinformation: Who endorses partisan misbeliefs? Emotion.
Schulze, H., Hohner, J., Greipl, S., Girgnhuber, M., Desta, I., & Rieger, D. (2022). Far-right conspiracy groups on fringe platforms: a longitudinal analysis of radicalization dynamics on Telegram. Convergence: The International Journal of Research into New Media Technologies, 28(4), 1103-1126.
Törnberg, A., & Törnberg, P. (2024). Intimate Communities of Hate: Why Social Media Fuels Far-Right Extremism. Taylor & Francis.
Urman, A., Katz, S. (2022) What they do in the shadows: examining the far-right networks on Telegram, Information, Communication & Society, 25:7,904-923.
Wade, M., Baker, S. A., & Walsh, M. J. (2023). Crowdfunding platforms as conduits for ideological struggle and extremism: On the need for greater regulation and digital constitutionalism. Policy & Internet.
Walther, S., McCoy, A. (2021). US extremism on Telegram: Fueling disinformation. Conspiracy Theories, and Accelerationism. Perspectives on Terrorism, 15(2), 100–124.
de Winkel, T. (2023). Fringe platforms: An analysis of contesting alternatives to the mainstream social media platforms in a platformized public sphere (Doctoral dissertation, Utrecht University).
Zurovac, E. (2023). Screenshot society. Come le fotografie dello schermo raccontano il nostro stare online. FrancoAngeli.
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